domenica 23 giugno 2013

Connessioni

Per quanto il contenuto editoriale di questo blog possa essere assolutamente discutibile, non ho proprio voglia di discuterne. Ho la sensazione, rileggendo quanto scritto in passato, che le situazioni che io tenti di presentare non sono assolutamente rilevanti con il contesto. Il mio contesto. L'EXTRA-contesto al di fuori della mia esistenza. Ma questo non mi preoccupa assolutamente. Domare e donare un punto di vista è quello che ho sempre tentato di fare.

Dunque, il nostro cervello crea connessioni: magnifiche e misteriose connessioni. Vibriamo, siamo molecole. Il nostro pensiero è elettroni che vibrano a frequenze non comprensibili e non visibili, nel puro senso Schroedingendiano ( Esiste questa parola?) del termine.

Le connessioni provengono dal territorio. È il territorio che ci nutre, nel vero senso della parola. Noi respiriamo, mangiamo, beviamo ed espelliamo molecole presenti nell'atmosfera, nell'aria, nell'acqua e nella terra. Da questo, posso dedurre, che il territorio siamo in parte noi.
In questo senso, l'umanità è simile a se stessa, perchè proviene DA e PER se stessa, continuamente strutturando e costituendo il proprio nutrimento e il proprio mutamento.

Che cosa accade, quindi, quando si comincia ad acquisire una più grande comprensione di questo? Che cosa provoca allora il mutamento di per sè?
In questo, mi trovo estremamente d'accordo con Chatwin. Il viaggio è il mutamento. Il respirare nuove molecole, mangiarle e berle, è quello che ci cambia. Strutturalmente, può sembrare poca cosa, ma visto da un punto di vista leggermente più "connettivo & astratto", sono convinto che sia vero. Che cos'è che muta attorno a noi durante il viaggio? Nulla. Ma siamo noi che mutiamo, in corrispondenza ad un ambiente differente.

A livello macroscopico, ovviamente, come quando ci si abbronza al sole. A livello microscopico, quando si ingeriscono cellule, sistemi, microrganismi differenti dal nostro solito.

venerdì 27 gennaio 2012

Coacervo

D'improvviso, mi si spalancarono gli occhi su una moltitudine di persone di ogni razza, forma ed età. Pensieri e desideri contrastanti li accomunavano in uno splendore diafano che aleggiava su di loro a formare una nebbia grigiastra e brillante di una luce fosforescente. Si mossero, quasi inaspettatamente, dentro una grande caverna che segnava i confini del mondo. Cadevano, senza nemmeno accorgersi di quello che stavano facendo, in una profonda feritoia nel terreno larga come diecimila cascate. Erano un fiume in piena che ribolliva di sensazioni e di intelligenza formando una grossa ameba multiforme che si agitava come la pioggia quando sparisce in un tombino. Io facevo parte di loro, e il flusso mi trasportava inesorabilmente: mi mancavano totalmente le forze per contrastarlo (o, perlomeno, per ritardare la mia fine). Era così semplice, così incommensurabilmente semplice lasciarsi dolcemente cullare da una marea insondabile che nella mia mente risultava perfetta e comprensibile, quando invece era un coacervo insensato. D'un tratto, capii. Nessuna fine esiste, proprio come non esiste l'inizio. Pensieri e concetti non cominciano e non muoiono così disgraziatamente. Non so quanto tempo fosse passato prima di quest'ultima rivelazione, quando d'improvviso mi accorsi che mi ero addormentato.

domenica 31 luglio 2011

You make my levels of dopamine go all silly.

Dovrei rincoglionirmi nel modo più spaventoso possibile: quando le mie indiscrezioni vengono proposte ad una decisione che va oltre la mia capacità mentale. Quello che viene rivelato di me stesso è solo una pallida imitazione di quello che posso essere. Dovrei considerarmi una persona intelligente, dopo tutte le cose stupide che sono riuscito a combinare? Dovrei riuscire ad esprimermi in maniera forbita, anche quando mi si chiede il contrario? Mi interessa capire quando potrò finalmente capire le persone che mi si presentano davanti, quando tentano veramente di fare le furbe, e di non essere così fottutamente onesto con chi ho difronte. Sono peggio di un libro aperto in tutte queste situazioni nelle quali mi si richiede una acritica posizione o un discreto distacco.

Le mie ferie sono iniziate, e per questi due giorni ho messo in pausa il cervello. Domani mattina è lunedì, e la faccenda si fa complicata. Su che cosa dovrei cominciare a lavorare?
L'opzione di lavorare su me stesso non è male. Continuo a cancellare frasi che non dovrebbero essere scritte. Vaglio opzioni, quando ho ancora una cucina da sistemare, una cagnolina che rompe le scatole e una scottatura al dito dovuta a un momento di distrazione. Di pettegolezzi ne ho sempre meno voglia; come voglio diventare più umile non solo per forza, ma per passione. Un portatile non è meglio di una scrivania, e un flusso di coscienza mi rende coscienzioso. Un ottimo antistress è inutile, e non si capisce quando parlo. Non odio nessuno, ma odio tutti. Almeno mi posso sfogare qui, anche se a nessuno interessa.