Se ci incazziamo perché vogliamo che siano rispettate le procedure, ci
rinfacciano di esserci intignati sulle minuzie, perché le vittorie non
si ottengono creando vittime a tavolino, e così facendo si seconda il
gioco di Berlusconi. Se non ci incazziamo, ci rinfacciano di accettare
che il fatto passi sotto silenzio, e quindi di fare il gioco di
Berlusconi.
Se protestiamo per le regole, siamo formalisti che vivono in un mondo
irreale; se non protestiamo, vigliacchi che lasciano campo libero a chi
delle regole se ne frega.
Se ci indigniamo siamo moralisti; se non ci indigniamo, immorali.
Se scendiamo in piazza, siamo populisti con venature sediziose; se non
scendiamo, intellettuali cacadubbi, buoni solo a star comodi dietro la
scrivania, a cincischiar fra i cavilli.
Se diciamo che bisogna far qualcosa, siamo vaghi; se, sconsolati,
prendiamo atto che non c’è più nulla da fare, qualunquisti o
disfattisti.
Scusatemi, penso che oggi guarderò la tormenta in santa pace.
Certe persone sono dotate di una spaventosa qualità di sintesi. Lei è una di queste.
Secondo determinati tipi inutili, che non facevano che blaterare, il ciclo naturale di ogni società è il fatto che una buona forma di governo si muti nella sua parte negativa, aspettando un meteorite.
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