venerdì 27 gennaio 2012

Coacervo

D'improvviso, mi si spalancarono gli occhi su una moltitudine di persone di ogni razza, forma ed età. Pensieri e desideri contrastanti li accomunavano in uno splendore diafano che aleggiava su di loro a formare una nebbia grigiastra e brillante di una luce fosforescente. Si mossero, quasi inaspettatamente, dentro una grande caverna che segnava i confini del mondo. Cadevano, senza nemmeno accorgersi di quello che stavano facendo, in una profonda feritoia nel terreno larga come diecimila cascate. Erano un fiume in piena che ribolliva di sensazioni e di intelligenza formando una grossa ameba multiforme che si agitava come la pioggia quando sparisce in un tombino. Io facevo parte di loro, e il flusso mi trasportava inesorabilmente: mi mancavano totalmente le forze per contrastarlo (o, perlomeno, per ritardare la mia fine). Era così semplice, così incommensurabilmente semplice lasciarsi dolcemente cullare da una marea insondabile che nella mia mente risultava perfetta e comprensibile, quando invece era un coacervo insensato. D'un tratto, capii. Nessuna fine esiste, proprio come non esiste l'inizio. Pensieri e concetti non cominciano e non muoiono così disgraziatamente. Non so quanto tempo fosse passato prima di quest'ultima rivelazione, quando d'improvviso mi accorsi che mi ero addormentato.

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